Luigi Einaudi (1874-1961) – Un artìcolo del 1924
“Non approvano le minacce; ma, affettando di considerare gli agitati gridatori come degli innocui maniaci insistono sulla necessità di un governo forte… La preferenza per la pace sociale imposta dal governo è consigliata dall’amore del quieto vivere”
Corriere della Sera. 6 agosto 1924
Le rappresentanze degli industriali, dei commercianti e degli uomini d’affari si sono finora mantenute in un silenzio così prolungato intorno agli avvenimenti politici più recenti da far dubitare forte se esso non sia il frutto di una meditata deliberazione. Contro lo stato di illegalismo, contro le minacce di seconda ondata, contro la soppressione della libertà di stampa hanno protestato i giornali, i collegi professionali degli avvocati, i partiti politici pure aderenti al governo attuale, come i liberali, ed alta si è sentita ieri la voce dei combattenti. Soltanto i capitani dell’Italia economica tacciono.
Se si discorre con taluno di essi, con coloro che si può supporre rappresentino gli interessi più larghi dell’economia nazionale, l’impressione che se ne ricava non è già quella di approvazione delle esorbitanze verbali degli estremisti del fascismo, e dei frenetici di dittature e di plotoni d’esecuzione. Gli industriali non approvano le minacce; ma, affettando di considerare gli agitati gridatori come degli innocui maniaci, insistono sulla necessità preminente di un governo forte; e ritengono che la tranquillità
sociale, l’assenza degli scioperi, la ripresa intensa del lavoro, il pareggio del bilancio siano beni tangibili, effettivi, di gran lunga superiori al danno della mancanza di libertà politica, la quale, dopotutto, interessa una minoranza
infima degli italiani, alle cui sorti essi scarsamente si interessano. Prima bisogna lavorare, produrre, creare le condizioni materiali di una vita larga; il pensare, il battagliare politicamente sono beni puramente ideali, dei quali si può anche fare a meno.