Il piano di Zingaretti

"La libertà non si conquista mai una volta per sempre"

Il piano di Zingaretti: prendersi il Pd e ricostruire la sinistra insieme a Fico


(di Giulio Scranno – 29/08/2018)

Il governatore del Lazio ha lanciato la sfida per la conquista del Pd, mentre nei 5 Stelle l’ala di Fico è sempre più insofferente a Salvini. Se Zingaretti diventasse segretario del Pd il loro destino potrebbe incrociarsi, dando vita a un inedito schema tripolare.

Nessuno ne parla (e ne parlerà) apertamente. Ma serpeggia un’idea, soprattutto dalle parti del Nazareno, che sconvolgerebbe il quadro politico italiano, fornendo forse un elemento di chiarezza in una situazione divenuta così intricata dopo le ultime elezioni politiche. È un’idea che riguarda direttamente gli equilibri interni al Pd e al Movimento Cinque Stelle, che investe il centrodestra per come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi, che passa per il Quirinale e che si ripercuoterebbe immediatamente su Palazzo Chigi.

Questa idea (che non possiamo ancora definire un vero e proprio progetto) è legata in particolare a due nomi: Nicola Zingaretti e Roberto Fico. Il primo, si sa, ha lanciato la sua corsa per la conquista della leadership del Pd, il secondo rappresenta l’anima più di sinistra del Movimento, in aperto contrasto con il protagonismo di Matteo Salvini e con la deriva destrorsa del governo giallo-verde. Il loro destino politico potrebbe molto presto incrociarsi e dare vita ad una serie di reazioni a catena dall’esito fino a qualche mese fa imprevedibile.

Ma andiamo con ordine. Zingaretti, rieletto presidente della Regione Lazio in una tornata elettorale disastrosa per il suo partito, rappresenta in questo momento l’unica faccia vincente dei dem. Da mesi ha annunciato la sua candidatura al congresso, in aperto contrasto con le gestione renziana. Il suo progetto è allargare il campo del partito, colpevole di essersi rinchiuso su sé stesso e di aver escluso non solo le altre forze del campo del centrosinistra, ma tutto un mondo che fa riferimento al civismo e all’associazionismo. Il governatore sta da settimane costruendo la sua rete, fatta da un lato di big del partito (da Paolo Gentiloni a Dario Franceschini, da Andrea Orlando allo stesso Maurizio Martina, per non parlare di Walter Veltroni), dall’altra di amministratori locali, come i sindaci di Milano Beppe Sala e di Bologna Virginio Merola. La critica maggiore rivolta da Zingaretti a Renzi è quella di non aver voluto avviare un dialogo con i Cinque Stelle, lasciando campo libero alla destra di Salvini. D’altronde, lui stesso in Regione Lazio sta sperimentando quella che possiamo chiamare una opposizione benevola da parte dei grillini.

E qui entra in campo il secondo protagonista, Roberto Fico. Il leader degli ortodossi pentastellati, presidente della Camera, non nasconde ormai più il suo profondo disagio nel sostenere un governo dalle tinte sempre più nere (altro che verdi) e lo fa notare in ogni occasione possibile. Lo scontro con Di Maio – che non perde occasione per derubricare le prese di posizione di Fico come “legittime opinioni personali” – è aperto e il dialogo con il Colle (che vede nel numero uno di Montecitorio l’unico argine interno allo strapotere salviniano) non è mai stato interrotto. Inoltre i parlamentari grillini schierati con Fico aumentano di giorno in giorno.

«La scintilla che potrebbe accendere il fuoco è il congresso del Pd – riconosce un parlamentare dem di area renziana –. Se vince la linea di Zingaretti potrebbe davvero cambiare tutto”. Se divenisse segretario, infatti, il presidente della Regione Lazio intensificherebbe immediatamente – con la benedizione del Quirinale, che non ha mai smesso di tifare per un governo Pd-M5s – i contatti con i Cinque Stelle non allineati a Di Maio. I quali potrebbero essere attratti dall’idea di un Pd de-renzizzato e spingere verso una rottura del patto di governo con Salvini. Anche perché Fico è convinto che altrimenti sarà proprio il leader leghista a far saltare il banco e riportare il Paese alle urne. E Renzi in tutto questo che farebbe? «È difficile – ci spiega il parlamentare del Pd – che Matteo possa reggere per molto all’interno di un Pd di questo tipo».

Ecco dunque che un nuovo quadro potrebbe prendere forma. Da una parte, a sinistra, il Pd di Zingaretti senza Renzi, quella parte di M5s che fa capo a Fico (ma anche ad altri pezzi grossi come Fraccaro e Bonafede), Leu, il mondo dell’associazionismo e i sindacati, gli ambientalisti, la rete dei sindaci che coinvolgerebbe anche i non allineati come Federico Pizzarotti e Massimo Zedda. Dall’altra, a destra, Salvini e i Cinque Stelle che fanno riferimento a Di Maio e all’ala più conservatrice. In mezzo il nuovo polo di centro (o macroniano, come piace ai renziani) con il Pd non disponibile a seguire Zingaretti, la parte di Forza Italia che non vuole “morire salviniana” e i vari corpuscoli di centro.

Certo, detta così a qualcuno potrebbe sembrare fantapolitica. Ma in realtà questa idea ha delle fondamenta, in particolare dettate dal fatto che gli equilibri politici, così come sono oggi, non possono reggere. L’alleanza anomala tra Lega e Cinque Stelle è destinata ad esplodere, forse molto presto. Così come le due anime dei Pd che hanno dato prova, negli ultimi mesi, di non poter convivere per molto. Una grande fetta della popolazione italiana non si sente rappresentata ed è alla disperata ricerca di nuovi riferimenti politici. Un quadro tripartito, con una destra conservatrice, un centro liberale ed europeista, una sinistra laburista metterebbe finalmente un po’ d’ordine in un sistema ormai al collasso.