Dopo il Convegno (resoconto)….

"La libertà non si conquista mai una volta per sempre"

RELAZIONE SUL CONVEGNO (19/05/2017)

A CURA DI SIMONE SANTORO

          

Quando dei grandi esperti della comunicazione e del diritto incontrano un pubblico attento ed entusiasta non può che nascere un bellissimo momento di confronto, dove il dibattito costruttivo fa viaggiare veloci le idee. Una velocità non però paragonabile a quella della diffusione virale che caratterizza le fake news, grandi protagoniste del convegno “Internet: trasparenza o manipolazione” organizzato dal nostro comitato, Osservatorio21, in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino e l’Ordine dei Giornalisti del Piemonte nell’ambito del Salone Internazionale del Libro. La cornice: il bellissimo Palazzo dell’Università di via Po.

L’apertura dei giochi spetta necessariamente al “padrone di casa”, Gianmaria Ajani, rettore dell’Università degli Studi di Torino, che punta il dito contro la tendenza quasi patologica alla semplificazione insita in molti media contemporanei. “Bisogna rispettare la complessità per fare informazione utile” e “l’Università è la palestra che per definizione ci allena a gestire tale complessità, sviluppando il nostro senso critico“.
Il confronto si sposta poi sull’asse Mezza-Floridi, docente all’Università Federico II di Napoli e giornalista il primo, docente all’Università di Oxford di Filosofia ed Etica dell’informazione il secondo. Proprio Floridi esordisce, indicando nel nostro periodo storico una “stagione di pigrizia della ragione”, ma “non dobbiamo abbassare la guardia“, dobbiamo semmai “iniziare a correre” per recuperare il tempo perso: la struttura digitale del nostro Paese va cambiata e il ruolo di protagonista lo deve assumere la politica. La regolazione dell’ “Infosfera”, aggiunge, deve passare dalla sinergia tra algoritmi e intelligenza umana.

La parola passa quindi a Riccardo Rossotto (avvocato, esperto di diritto industriale e societario nonchè Presidente CSI Piemonte) che rincara la dose: “la manipolazione è un problema che dovrebbe farci tremare le vene nei polsi” e, sostiene, “la politica è il grande assente”. “Stiamo vivendo una rivoluzione e un’altra si sta avviando (quella dell’intelligenza artificiale), su di noi grava una responsabilità generazionale”. In particolare, secondo Rossotto, i principali responsabili, oltre alla politica, sono i genitori (che vedono nel Web la nuova “baby-sitter”), l’istruzione (rea anche di aver relegato a un ruolo marginalissimo la fondamentale educazione civica), la stampa e la giustizia. Sottolinea poi come il Web sia “un’universalità senza confini” e come pertanto sia necessario adottare una prospettiva sovrannazionale per regolarlo efficacemente. Regolarlo, ovviamente, rispettando la libertà d’opinione che trova bilanciamento nella nozione di “continenza espressiva”, concetto tipico dell’orientamento giurisprudenziale rafforzato dalla Cassazione secondo il quale tale libertà non può manifestarsi in ingiuria verso terzi né può risolversi in critica priva di motivazione, equivalente a un semplice attacco nei confronti dell’altra parte.

Qual’è la natura delle fake news e quali sono i loro “progenitori“? Questa domanda trova pronta risposta nelle parole di Michele Mezza che le definisce “contenuti radicali di comunità che leggono ciò che vogliono credere” e sono per questo molto affini a “propaganda e giornali di partito” già presenti nel passato. L’habitat ideale delle notizie false è il web, “uno spazio pubblico come la sanità o l’istruzione” che deve essere quindi “trasparente e negoziabile”. Uno spazio che segue “un cambiamento non meccanico o quantitativo, bensì costitutivo”. Al fine di un controllo efficace, conclude, sarebbe importante rafforzare “i network di sentinelle”.

Sulla stessa lunghezza d’onda, Laura Bononcini, responsabile relazioni istituzionali di Facebook Italia, secondo cui la rimozione di contenuti, in quanto talvolta molto discrezionale e potenzialmente in conflitto con i valori di neutralità e democrazia, dovrebbe limitarsi ad agire contro l’illegalità, per gli altri casi bisognerebbe fondarsi principalmente sugli strumenti delle segnalazioni e dei “suggerimenti”. In modo sperimentale, ci spiega, in alcuni Stati Facebook già attribuisce alle “fact checking organizations” il compito di segnalare i contenuti falsi, a ciò viene aggiunto il suggerimento all’utente di una lista di articoli “verificati” trattanti lo stesso argomento per permettergli di formarsi un’idea più oggettiva. Le controindicazioni legate alla rimozione di determinati contenuti possono portare a conseguenze paradossali. Un caso, ci dice, è legato alla rimozione di una famosissima immagine, vincitrice del Premio Pulitzer, in quanto ritraente una bambina di nove anni nuda e in lacrime dopo un bombardamento al napalm. L’immagine di forte valore storico era stata rimossa burocraticamente da un addetto di Facebook, in quanto violante la policy dell’azienda.

Anna Masera, giornalista, caporedattore e public editor de La Stampa e direttrice del Master di giornalismo di Torino, ribadendo l’essenzialità degli algoritmi per orientare il lavoro, altrimenti titanico, dell’uomo nella ricerca delle notizie false, valorizza l’approccio misto in cui collaborano utenti, algoritmi e la piattaforma con i suoi dipendenti.

Paolo Attivissimo, consulente informatico e studioso di disinformazione dei media, evidenzia le potenzialità socialmente devastanti delle fake news (come nel caso “Stamina“). Inoltre, aggiunge, se il “copia e incolla” fa risparmiare tempo, causa una perdita di autorevolezza. Autorevolezza legata a un certo livello qualitativo che, conseguentemente allo spostamento di risorse dai media tradizionali ai social, diventa di sempre più difficile raggiungimento, causando un circolo vizioso che porta una minore domanda, quindi ancora minori risorse e dunque un’ancora inferiore qualità.

A conclusione del convegno intervengono Sergio Scamuzzi, professore ordinario presso l’Università degli Studi di Torino, e Fabrizio Pace, membro del Comitato Osservatorio21, che ci illustrano il quadro della realtà universitaria il primo e del comitato stesso il secondo.
Proprio Fabrizio evidenzia l’impegno attivo assunto da Osservatorio21 verso le sfide del ventunesimo secolo (da qui il nome) che siamo costretti ad affrontare se non vogliamo diventare sudditi delle nostre stesse creazioni: web e intelligenze artificiali su tutte. Dal punto di vista operativo questo impegno si traduce in un percorso di formazione, in collaborazione con l’Unione Industriale di Torino e il Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi, che ha già coinvolto 6 classi e 150 studenti dell’Istituto Natta di Rivoli e del Liceo Classico D’Azeglio di Torino. Inoltre, è previsto a breve un allargamento dell’iniziativa a più di 30 classi per circa un migliaio di studenti, in modo da continuare a diffondere la consapevolezza fra le nuove generazioni delle insidie legate a un inadeguato utilizzo della rete, fornendoli gli adeguati strumenti per vivere al meglio questo nuovo “spazio” della socialità contemporanea. Perchè, come più volte hanno ribadito gli ospiti, la regolamentazione ha un impatto relativo senza la formazione.